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La tempesta di neve da manuale di gennaio in Abruzzo

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Tra Venezia e il promontorio del Gargano (600 km), l’Adriatico non è un mare ma una catinella, profonda mediamente 75 metri (eccettuata una depressione di -273 metri tra Pescara e la costa dalmata prospiciente). E soltanto 25 metri tra Venezia e Trieste. A causa di queste modeste profondità, le acque si riscaldano fino a 28°C, e si raffreddano fino a 8°C. Queste caratteristiche fisiche dell’Adriatico centro-settentrionale sono all’origine di episodi climatici particolarmente aspri: venti continentali freddi dalla Balcania incontrano acque marittime tiepide: situazione ideale per generale enormi nevicate sull’Appennino, come è avvenuto lo scorso gennaio. Tempeste e bufere che si sono addensate contro la barriera degli Appennini, dalle Marche al Molise, attraverso l’Abruzzo. Con una catena montuosa di oltre i 2000 metri di altitudine, culminante sul Gran Sasso d’Italia (2912 metri), il cui versante settentrionale è occupato dal ghiacciaio del Calderone, il più meridionale d’Europa. Per individuare e conoscere l’origine della “tempesta di neve da manuale”, con accumulo di enormi masse di neve, che non sono una novità per queste regioni, è necessario riflettere sulla concomitanza di due fattori. Quello geografico (la posizione della penisola rispetto al mare Adriatico), quello climatico in funzione di questa posizione.

Foto: Ghiacciaio del Calderone, Gran Sasso d’Italia

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